Irene Sanesi: una Commercialista “ad arte”.

CHI E’ IRENE SANESI
Dottore commercialista e revisore legale, esperta in economia gestione e fiscalità della cultura, settore nel quale pubblica e svolge attività di consulenza e formazione per soggetti pubblici e privati. Presiede la Commissione Economia della Cultura UNGDCEC (Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili).
Tra le sue pubblicazioni per l’editore Franco Angeli: Il valore del Museo (2014) e  Creatività cultura creazione di valore. Incanto economy (2011). Su Art Tribune Magazine è presente la sua rubrica Gestionalia.
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In un momento in cui i commercialisti e gli esperti contabili sono in fermento per le numerose incongruenze legislative e lamentano una vera persecuzione a causa delle pesanti responsabilità civili e penali  dovute soprattutto alla legge antiriciclaggio, acquisire ulteriori competenze, specializzandosi in attività peculiari è un’alternativa auspicabile. Va però detto che, in una Nazione in cui ogni anno vengono regolarmente (e pesantemente) tagliati i fondi ad arte e cultura, dedicarsi a questo settore appare un’altra ardua sfida. Ma valutandola in un contesto economico e sociale “futuribile”, può anche rappresentare un’opportunità per professionisti ed aziende.

Recentemente, infatti, ci siamo occupati di Integrated Reporting, un sistema di valutazione delle imprese, che contempla, oltre ai dati di bilancio, tutti gli aspetti positivi riscontrabili in un’azienda: dalla buona gestione delle Risorse Umane, alle Certificazioni, sino agli investimenti in attività di sostegno ad iniziative sociali e culturali.

Irene Sanesi è, quindi, una eccellente testimone di come le imprese ed i professionisti possano contribuire a migliorare sia il tessuto socio-economico del Paese che il proprio posizionamento nel mercato, attraverso “buone pratiche” che, ben condotte, recano indubbi vantaggi ai soggetti coinvolti. A lei abbiamo posto alcune domande atte a conoscere meglio la sua attività:

D) Dottoressa Sanesi, quali ritiene siano i benefici che un’azienda può acquisire nello sposare la causa dell’arte, attraverso donazioni ed investimenti nel settore?

Oggi stanno cambiando profondamente i paradigmi della “buona causa” dell’arte. Certo restano fermi gli strumenti giuridici e fiscali: erogazioni liberali e donazioni da un lato, sponsorizzazioni dall’altro. La base del rapporto però sta acquisendo una nuova consapevolezza, che registro come una delle novità più interessanti dell’investimento culturale. I benefici per un’azienda oggi non consistono soltanto nei bonus fiscali effetto dell’animus donandi o di sponsorship; piuttosto – e oltre- si sostanziano nello scambio in larga parte legato alla capacità di sviluppare in modo comune (tra aziende e istituzioni culturali) progettualità che producano valore: promozionale, reputazionale, di immagine.

D) Tutte le aziende, anche di piccola dimensione, potrebbero usufruire dei vantaggi sopra descritti, o questo vale soltanto per una determinata tipologia di esse?

I vantaggi ci sono per tutte le aziende. In fondo, se ci pensiamo, il patrimonio culturale italiano nelle sue varie forme (musei, parchi, teatri, archivi, biblioteche,…) è diffuso nello Stivale ed è costituito non soltanto dai grandi attrattori turistici ma anche da istituzioni più piccole ma ricche di valore identitario.
Se i brand culturali (Pompei, Uffizi, Colosseo, tanto per citarne alcuni) possono rappresentare un target per i donors a livello mondiale, la pinacoteca, l’archivio storico o il teatro comunale sono i partner ideali di aziende locali che cercano relazioni, partecipazione, reputazione, nuove progettualità e nuovi pubblici.

D) Consiglierebbe ad un collega di dedicarsi a questo specifico settore? E quale dovrebbe essere il corretto percorso formativo e di relazioni?

L’economia gestione e fiscalità della cultura è un settore affascinante e mai uguale. Certo necessita di una passione particolare che si deve sentire di avere e non si improvvisa, da affiancare all’aggiornamento professionale. La mia esperienza è quella di un’autodidatta: quando mi sono laureata non esistevano quelli che oggi sono specifici corsi di laurea e master. Chi si avvicina oggi può trovare ancora ampi spazi professionali, spesso liberi o occupati da figure improvvisate: questo facilita chi è preparato e conosce il mondo dell’arte, che è un mondo a sé. Il bilancio di un museo non può essere trattato, al di là dei principi contabili e delle voci patrimoniali, come si tratterebbe il bilancio di un’azienda manifatturiera. Gli interlocutori sono diversi. Se dovessi consigliare direi: un buon master (la laurea non è vincolante secondo me), un’esperienza di stage in un ente culturale (per comprenderne le peculiarità e le dinamiche), costante auto-aggiornamento (oggi disponiamo di una ricca sitografia e biliografia) e poi tanta passione.

D) Nel suo articolo su “Pensiero laterale e posizionamento”, l’analisi S.W.O.T. appare auspicabile per ogni soggetto produttivo. Ritiene idoneo, per risollevare le sorti di aziende e professionisti in crisi, iniziare da questa piattaforma di brainstorming?

L’analisi S.W.O.T. è sempre una buona base di analisi, indipendentemente dalla tipologia di impresa. E’ uno strumento semplice, efficace da implementare, da utilizzare preferibilmente in gruppo così da accrescere la consapevolezza nei singoli e la loro corporate identity. Ci si dimentica spesso che l’ascolto (la cui condizione imprescindibile è che non si sia soli) è la componente primaria della comunicazione interna ed esterna di un’azienda o di uno studio. Ma non basta crederlo, bisogna applicarsi.

IRENE SANESI

Studio Baldini Ballerini Sanesi

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