Cos’è e come fare l’autovalutazione del rischio di Studio

La più importante novità in materia di antiriciclaggio, introdotta dal d.lgs.90/2017 e confermata dalle Regole Tecniche CNDCEC, è la cosiddetta autovalutazione del rischio di Studio.

In particolare, gli artt. 15 e 16 del D.lgs. 231/2007, come modificato dal D.lgs. 90/2017, prevedono che tutti i soggetti obbligati adottino delle procedure oggettive per la valutazione del rischio di riciclaggio, tenendo conto di fattori di rischio connessi alla tipologia della clientela, all’area geografica di operatività, alla complessità dell’attività svolta, alla tipologia del servizio e dei prodotti offerti.

Tutti i soggetti obbligati dovranno dotarsi di un assetto e di procedure organizzative e di controllo, ma anche di sistemi informativi, idonei a valutare e mitigare il rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo. Non si tratta però di procedure standardizzate ma, secondo il principio di proporzionalità, adeguate alla struttura organizzativa e alle caratteristiche del singolo Studio.

Autovalutazione del rischio: Professionisti vs Intermediari finanziari

Gli intermediari bancari sono stati tra i primi soggetti obbligati a recepire l’autovalutazione del rischio. Già nel documento contenente le “disposizioni su organizzazione procedure e controlli in materia di antiriciclaggio”, reso pubblico lo scorso aprile, la Banca d’Italia ne ha ribadito l’importanza, dettando dei criteri ben precisi a cui gli intermediari devono attenersi.

Ad una prima lettura, quanto regolato dalla Banca d’Italia non è così diverso da ciò che è stato pubblicato nelle recenti Regole Tecniche del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Commercialisti e degli Esperti Contabili.

Il concetto di autovalutazione del rischio, estraneo fino ad oggi al mondo dei commercialisti, é diventato rilevante ed imprescindibile. Da questo punto di vista, gli adempimenti antiriciclaggio di uno Studio Professionale sono equiparabili, in qualche modo, a quelli previsti per gli intermediari finanziari.

Fermo quanto sopra, è opportuno accennare agli elementi che, ad una prima lettura, sembrano avvicinare il mondo dei professionisti e quello degli intermediari finanziari.

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    Come fare l’autovalutazione del rischio di Studio

    Occorre innanzitutto definire cosa si intenda per autovalutazione del rischio. Di fatto, in forma molto sintetica, è il calcolo della probabilità che lo Studio possa essere coinvolto in operazioni di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo. Tanto maggiore sarà il rischio di riciclaggio, quindi, tanto si dovranno adottare delle misure adeguate per mitigarlo.

    É necessario, pertanto, servirsi di una serie di metodologie per valutare l’esposizione al rischio, tra cui:

    • identificazione del rischio inerente;
    • analisi della vulnerabilità;
    • determinazione del rischio residuo.

    Si tratta di 4 parametri sui quali fondare le analisi di autovalutazione del rischio. Sebbene si tratti di termini nuovi per il mondo dei Professionisti, stanno entrando velocemente a far parte della prassi quotidiana degli Studi.

    Identificare il rischio inerente

    Banche e professionisti, come primo passaggio, dovranno determinare il “rischio inerente” valutando tutta una serie di fattori di rischio connessi:

    • alla tipologia della clientela;
    • all’area geografica di operatività;
    • canali distributivi;
    • servizi offerti.

    Si tratterebbe quindi di criteri, per così dire interni, che lo Studio deve valutare per determinare il proprio rischio. In particolare, questi criteri riguardano i servizi che i professionisti offrono, la clientela alla quale si ci rivolge, il luogo della propria operatività ed infine i canali distributivi impiegati.

    In estrema sintesi, si tratta di un’analisi che lo Studio effettua su sé stesso.

    Analizzare le vulnerabilità di Studio

    Una volta calcolato il livello di rischio inerente, i soggetti obbligati, sia intermediari che commercialisti, dovranno approfondire la propria vulnerabilità.

    In particolare, la “debolezza” dello Studio è determinata tendendo conto di questi parametri:

    • grado di formazione dei professionisti, dei collaboratori e dei dipendenti;
    • l’organizzazione interna dello Studio in materia di adeguata verifica della clientela;
    • l’organizzazione interna dello Studio in materia di conservazione dei documenti;
    • l’organizzazione interna dello Studio in tema di SOS e di comunicazione di violazioni del contante.

    La vulnerabilità esprime quindi un giudizio sui presidi antiriciclaggio che lo Studio ha adottato all’interno della sua organizzazione.

    Determinare il rischio residuo

    Una volta che lo Studio ha calcolato il proprio rischio di essere coinvolto in operazioni di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, verificando poi la propria vulnerabilità, dovrà essere in grado di determinare il rischio residuo.

    Con il recepimento della IV Direttiva Europea, il Professionista viene chiamato a tenere sotto controllo il proprio rischio di Studio. Per farlo, è necessario combinare in una matrice il rischio inerente e la vulnerabilità dello Studio. Questi valori, inseriti nella matrice, avranno differenti incidenze percentuali e soltanto incrociandoli si potrà determinare il rischio residuo.

    Attraverso una procedura di risk intelligence, oggettiva, tracciata, ripetibile e dimostrabile, lo Studio professionale potrà così orientare le proprie scelte nella mitigazione e nella gestione dei rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.

    Nella propria procedura, al pari degli intermediari, lo Studio professionale dovrà infatti

    • individuare ruoli, compiti e responsabilità ai fini antiriciclaggio;
    • predisporre personale formalmente incaricato dell’assolvimento degli obblighi, definire un sistema di deleghe interne e di eventuali direttive impartite dal professionista a dipendenti e/o collaboratori destinatari di incarichi;
    • conservare in un luogo accessibile a tutto il personale della normativa e della manualistica interna;
    • adottare misure di formazione del personale dipendente incaricato;
    • arganizzare sistemi di controllo interni idonei a verificare il corretto adempimento degli obblighi antiriciclaggio.

    In conclusione

    Al pari degli intermediari, anche gli Studi di Commercialisti e di Esperti Contabili dovranno adottare nuove procedure, seguendo parametri oggettivi dimostrabili e ripetibili, per valutare e gestire il rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.

    Dotarsi di un sistema di risk intelligence è quindi quanto mai prioritario. L’approccio basato sul rischio non riguarda solo gli intermediari finanziari, nè solamente i grandi Studi professionali. Coinvolge tutti gli Studi, sia di piccole che di grandi dimensioni, sia che siano specializzati in determinati settori, sia che si occupino della sola tenuta della contabilità.

    È bene precisare, inoltre, che l’autovalutazione del rischio di Studio non sostituisce l’adeguata verifica basata sul rischio della propria clientela. E’ una procedura, piuttosto, che si aggiunge e si affianca all’adeguata verifica.

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