Antiriciclaggio e monete virtuali: che cosa prevede la nuova normativa?

La direttiva n. 2018/843 amplia la portata della normativa antiriciclaggio includendo anche le valute virtuali.

Negli ultimi anni si è parlato abbondantemente di “criptovalute” più comunemente conosciute come monete virtuali, sono un fenomeno piuttosto recente ma il loro lancio risale già a 10 anni fa. Nel 2009 infatti nasce il Bitcoin, la prima criptomoneta per valore ed anche la prima ad essere riconosciuta come forma di pagamento da diversi siti Internet nonché commercianti. Si tratta della forma più conosciuta di moneta virtuale a livello mondiale tanto che il termine Bitcoin è andato ad indicare in maniera metonimica tutto il mondo delle criptovalute (che comprende anche, tra le maggiori, Ethereum, Ripple, Litecoin nate come prodotto secondario della capostipite).


Che cosa sono le monete virtuali?

Le criptovalute rappresentano una declinazione di denaro immateriale, quindi non stampato o coniato, generate digitalmente tramite un sistema proof-of-work per la salvaguardia contro la contraffazione digitale. Esse sono prive di nazionalità e di controllo da parte di autorità e banche centrali e vengono utilizzate come forma di pagamento per le transazioni online in particolar modo tra utenti che si trovano in parti diverse del globo.

Una delle caratteristiche più rilevanti delle criptovalute è legata all’anonimato: le somme vengono infatti raccolte dentro portafogli elettronici  o “wallet” non intestati al diretto possessore della somma ma legati ad una chiave o indirizzo.

Queste transazioni si definiscono dunque “apparenti” ovvero non verificate e non verificabili: il trasferimento di denaro avviene da una persona che dichiara di possedere un determinato conto verso un altro il quale dichiara di detenere titolarità del suo conto, il tutto però accordato sulla fiducia.

Sarebbe però errato pensare che una volta avvenute queste transazioni se ne perda totalmente traccia, al contrario rimangono consultabili all’interno della banca dati denominata blockchain. Anche in questo caso si è parlato di “pseudononimato” proprio perché, se è possibile dimostrare che in tale data è stata registrata una determinata transazione di una cifra X, questa sarà comunque archiviata come transazione da Y verso Z.


Monete virtuali: pro e contro del loro utilizzo

Sebbene siano passati già 10 anni dall’entrata in circolazione dei Bitcoin si tratta ancora di una realtà piuttosto giovane ed in grande espansione e per questo motivo in continuo aggiornamento. I pareri a riguardo la moneta virtuale risultano essere ancora discordanti: c’è chi pensa che si tratti solo di un trend passeggero, chi la sfrutta come vettore di investimento e chi invece vede le criptovalute come il denaro del futuro prossimo.

Generalmente però la loro caratteristica più apprezzata è quella di rendere i pagamenti online più semplici soprattutto quando questi intercorrono tra persone che si trovano in Paesi diversi, a questo si aggiunga l’evidente risparmio di denaro per le commissione di conversione delle diverse valute.

Un fattore che sicuramente non è stato trascurato dagli addicted delle criptovalute riguarda i suddetti non-rapporti con gli istituti bancari, i quali sono dunque impossibilitati ad atti di confisca e congelamento di fondi.

Gli aspetti positivi del loro utilizzo sono evidenti, ma si possono trascurare le conseguenze legate al cattivo utilizzo della moneta virtuale per scopi illeciti.

L’elemento cruciale risiede proprio nella natura anonima del prodotto già menzionata, connessa però alla mancanza di normative chiare e stringenti in materia di moneta virtuale e antiriciclaggio.


L’aspetto legale delle criptovalute 

Come detto non esiste una normativa che regoli in maniera precisa l’intero ambito delle monete virtuali, sia per quanto riguarda lo scambio che l’acquisizione. Sia a livello europeo che a livello extraeuropeo alcuni Stati hanno comunque preferito fornire delle linee guida o per lo meno comunicare la loro posizione a riguardo.

Si ipotizza che queste possano cambiare con l’evolversi della moneta stessa e del mercato finanziario proprio perché nel 2012, e poi nel 2015, la BCE ha dichiarato che l’espandersi a macchia d’olio delle monete virtuali avrebbe potuto avere impatti sulla politica monetaria.

Dal punto di vista italiano la Banca d’Italia già dal 2015 si è espressa a sfavore  dell’utilizzo dei Bitcoin, in Germania questi sono annoverati tra gli strumenti finanziari ed anche i loro flussi sono soggetti ad autorizzazione. In Francia lo scambio delle due valute è un’attività soggetta al pagamento e all’autorizzazione, gli USA risultano essere ad uno stadio più avanzato ed aver già regolamentato i servizi di conversione.


Normativa antiriciclaggio: in che cosa riguarda le monete virtuali?

Secondo i dati di Bankitalia negli ultimi anni sono state segnalate più di 600 attività sospette connesse alla scambio di denaro tramite criptovaluta, queste sono state mappate ed hanno riportato una situazione allarmante: sono Campania e Calabria, insieme alle regioni del Nord a detenere il primato.

I maggiori “capi d’accusa” imputati alle criptovalute sono infatti il riciclaggio di denaro “sporco” ed il finanziamento del terrorismo, addirittura l’utilizzo delle stesse per il pagamento diretto di prodotti illegali come armi o droga.

Non si tratta di esempi casuali ma di accuse ben fondate: le ultime dichiarazioni dell’ex boss crotonese Luigi Bonaventura gettano luce sulle nuove evoluzioni degli ambienti malavitosi.

Si tratta di strategie ben studiate e messe a punto con il supporto di programmatori ed esperti del mondo della finanza: l’elemento debole è rappresentato dagli exchange ovvero piattaforme web che offrono il servizio di conversione della moneta virtuale in valuta avente corso legale. In questo caso il passaggio di denaro ed il riciclo è reso forse più semplice dall’anonimato consentito dal sistema in aggiunta all’utilizzo di prestanome.

I primi dati allarmanti sono stati riscontrati nel 2017 ma ci sono voluti due anni affinché fosse abbozzata una prima normativa che tenta di delimitare, seppur pallidamente, l’attività delle monete virtuali all’interno della legalità.


Adempimenti antiriciclaggio in ambito di monete virtuali: che cosa prevede la normativa?

Lo schema di decreto relativo alla V direttiva antiriciclaggio (direttiva UE n. 2018/843) porterebbe importanti modifiche alla precedente normativa delineando obblighi antiriciclaggio soprattutto per i due attori principali coinvolti nel mercato virtuale:

  •     I prestatori di servizi di cambio, detti cambiavalute;
  •     I prestatori di servizi di portafoglio digitale, detti wallet providers.

 

In primo luogo, a livello europeo, è d’obbligo che tutti i cambiavalute siano registrati, al fine di apportare un primo controllo sulla categoria. Questa procedura non risolve però il problema dell’anonimato per il quale si sta valutando di consentire agli utenti la possibilità di rilasciare un’autodichiarazione volontaria.

Sebbene l’obiettivo principale del legislatore sia stato quello di coprire tutti i possibili usi delle valute virtuali, sino a casi specifici come l’acquisto di beni tramite pagamento in bitcoin, si evince che per molti articoli sia semplice trovare un cavillo relativo alla definizione stessa di moneta virtuale per dichiarane l’inapplicabilità.
Un’esempio è
 l’imposizione di tracciabilità per le transazioni di somme superiori ai 3.000 euro che però fa riferimento al solo“denaro contante”, così ne risulta impossibile l’applicazione alle criptovalute; oppure l’obbligo di interrompere i rapporti con una persona terza ove non possibile l’identificazione della stessa, che risulta inapplicabile per la costante impossibilità di risalire al titolare del portafoglio virtuale.

Non bisogna sorprendersi se la strada da percorrere sia ancora lunga, non ci resta che aspettare gli esiti del modello di decreto confidenti nel fatto che entro breve tempo quella delle monete virtuali venga vista come una realtà effettiva e non solo un’avvisaglia di un futuro lontano.
Lo schema di decreto è stato sottoposto a revisione pubblica sino al 20 Aprile, i commenti inviati entro tale data al Dipartimento del Tesoro tramite e-mail al dt.direzione5.ufficio4@mef.gov.it verranno in seguito resi pubblici.

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