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NFT e criptoarte, le frontiere virtuali dell’antiriciclaggio

Le criptovalute sono un territorio di frontiera per l’antiriciclaggio, con aspetti in continua evoluzione che il Professionista deve conoscere e valutare con attenzione. Tra le novità che si stanno affermando rapidamente, gli NFT (Non-Fungible Token) rappresentano una declinazione virtuale che riguarda anche antiquari e mercanti d’arte.

Nonostante siano spesso equiparati alle criptovalute, rappresentano in realtà dei veri e propri certificati di proprietà digitale, i quali operano in registri digitali dove vengono memorizzate le transazioni di dati che non possono essere alterati, monipolati o eliminati (i cosiddetti “Blockchain”).

Cosa sono gli NFT: criptoarte e altri utilizzi

Mentre le criptovalute vengono riprodotte in serie e scambiate così come la moneta tradizionale, gli NTF sono appositamente elaborati in modo da essere differenti l’uno dall’altro a scopo collezionistico (e, verosimilmente, speculativo). Non-Fungible Token (in italiano: Gettone digitale non fungibile) riconduce a qualcosa di non fungibile, non utilizzabile o, per meglio dire, non sostituibile.

Ne deriva la possibilità di introdurre una nuova funzionalità collegata all’utilizzo delle criptovalute che attribuisce un certificato di proprietà sul bene, garantendone l’unicità e la non riproducibilità. Caratteristiche che si sposano perfettamente con il mondo dell’arte digitale. E’ ben comprensibile infatti come, rispetto a all’arte tradizionale, nel mondo digitale esista da sempre il problema di come poter attribuire l’originalità a un bene o a un’opera. Gli NFT per la prima volta offrono questa possibilità.

Sono già innumerevoli le iniziative di artisti e/o personaggi famosi che “trasformano” le proprie creazioni in NFT, vendendoli di conseguenza a cifre esorbitanti.

Jack Dorsey, fondatore di Twitter, ha venduto il primo tweet mai creato, dopo averne fatto un NFT, alla cifra di ben 3 milioni di dollari. Il record di incasso per queste “criptovalute” da collezione è quello di Mike Winkelmann, noto artista digitale che ha creato e venduto “Beeple” come NFT alla cifra di ben 69 milioni di dollari. Il pagamento, naturalmente, è stato effettuato in Bitcoin.

Sono esempi eclatanti, ma la diffusione di questa particolare categoria di “gettoni” raggiunge una platea ben più ampia di utenti. Si pensi infatti ai cosiddetti “Picture for Proof”, token associati ad immagini che possono essere collezionati e venduti. I valori attribuiti a queste opere spaziano da prezzi di scambio bassissimi fino ad arrivare, anche qui, a numeri da capogiro.

La tecnologia si presta anche ad impieghi più comuni e in mercati più tradizionali rispetto alla criptoarte. Un esempio é l’ uscita del SUV Alfa Romeo Tonale, il primo modello di auto al quale è stato collegato un certificato digitale NFT basato sul concetto di “blockchain card”: un registro digitale segretato sul quale verranno annotate tutte le più importanti informazioni sulla vettura (manutenzioni eseguite, chilometri percorsi, incidenti subiti, ecc.).

NFT: quale regime fiscale?

La rapida evoluzione degli NFT, e dei beni virtuali più in generale, rappresenta un problema per le Autorità dei vari paesi. E’ complesso circoscrivere questi fenomeni all’interno di un quadro normativo chiaro. Spesso, infatti, si ricorre a regole riferite a strumenti in parte simili, lasciando comunque un certo grado di incertezza.

Alla base della compravendita non c’è infatti un bene materiale scambiato. Inoltre, ci troviamo davanti a molteplici soggetti: il creatore dell’NFT, il titolare della proprietà intellettuale del bene associato, le piattaforme di scambio, gli utenti finali. A questo si aggiunge che i soggetti coinvolti possono essere dislocati in nazioni diverse con legislazioni anche molto differenti tra loro. Risulta quindi difficile individuare un regime fiscale applicabile, così come valutare se l’operazione sia soggetta ad imposte sul reddito ed obblighi dichiarativi.

Al momento i paesi si sono mossi senza una vera e propria unità di intenti. I Paesi Bassi trattano le vendite dietro pagamento di NFT come cessione di un bene immateriale e il loro possesso deve essere riportato nella dichiarazione dei redditi. Germania e Regno Unito adottano un approccio “caso per caso”, ritenendo che gli NFT possano generare redditi tassabili, ma che questi redditi o le eventuali perdite possano essere dichiarate solo in alcuni casi.

Nel Regno Unito si è già arrivati, nel corso di un’inchiesta per frode fiscale, addirittura al sequestro di NFT. Un primo monito per chi vede in queste operazioni uno strumento per poter nascondere denaro al fisco.

L’esempio inglese potrebbe presto essere seguito anche dall’Italia. Se è vero che gli NFT non sono disciplinati da un quadro normativo specifico, l’Agenzia delle Entrate ha già prodotto diversi provvedimenti interpretativi sul loro trattamento fiscale. Criptovalute ed NFT sono stati assimilati a qualsiasi valuta ordinaria, disponendo la tassazione come nei casi di possedimento di denaro in stati esteri, con l’obbligo di monitoraggio e di compilazione del quadro RW nella dichiarazione dei redditi (senza però assoggettarli ad IVAFE, imposta sul valore dei prodotti finanziari detenuti all’estero).

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    NFT e il fenomeno del riciclaggio

    Oltre alle criticità tributarie, sono in rapida crescita le attività criminali legate all’utilizzo di questi “token”. Tra tutti gli illeciti, emerge il riciclaggio di denaro.
    Una delle pratiche più diffuse è il cosiddetto “wash trading”, ovvero la vendita di NFT inviati a sé stessi da un portafoglio di criptovalute secondario ma nel controllo dello stesso soggetto. Conclusa l’operazione, si vende poi il bene ad un acquirente ignaro, ripulendo quindi l’origine delittuosa.

    Sono stati individuati, infatti, diversi casi in cui un terzo indirizzo comune aveva inviato fondi sia all’acquirente che al venditore. Procedimento questo che potrebbe essere messo in atto anche dalle organizzazioni criminali prendendo parte direttamente alla negoziazione degli NFT.
    Facciamo un esempio. Ipotizziamo l’acquisto di token sfruttando l’anonimato garantito dalla blockchain, la quale elimina ogni costo finanziario che sarebbe tracciabile prendendo parte ad un’asta tradizionale. Una volta comprato l’NFT, i criminali iniziano a gonfiarne i volumi di vendita eseguendo scambi tra wallet in possesso della stessa organizzazione. Così facendo, le quotazioni dei token raggiungono livelli tali da attirare l’attenzione di numerosi utenti, i quali finiscono per acquistarli come forma di investimento. Al termine del procedimento, i criminali si ritrovano con delle plusvalenze legate alla vendita degli NFT che non sono di provenienza illecita.

    E’ evidente come tale attività si presti al riciclaggio di denaro, con l’incentivo a negoziare molto più forte di quello di verificare l’identità degli acquirenti.

    Non è poi da escludere la costante minaccia che deriva degli attacchi informatici. Hackerando gli account degli utenti, si possono trasferire gli NFT ad un altro soggetto che potrà rapidamente venderli e riciclarne i proventi.

    NFT: antiriciclaggio e KYC

    Nello scenario attuale é necessario utilizzare una strada “rafforzata” rispetto a quella tipica del mercato dell’arte tradizionale. Occorre implementare un solido sistema di procedure che segua l’approccio Know Your Customer (letteralmente “conosci il tuo cliente”), valutando tutti i possibili rischi di riciclaggio ed effettuando un monitoraggio continuo.

    Al momento gli illeciti attraverso NFT rappresentano una piccolissima parte (circa 8,9 milioni di Dollari) rispetto agli 8,6 miliardi di Dollari stimati nel 2021 come riciclaggio in criptovalute. La rapida espansione del fenomeno e la facilità di accesso a questi strumenti devono però costituire un forte campanello d’allarme per Autorità, forze dell’ordine e, di conseguenza, per tutti i soggetti obbligati dal D.Lgs 231/2007 e successive modifiche.

    I Professionisti, chiamati a vigilare sui comportamenti della loro clientela, devono pertanto prestare particolare attenzione qualora emergano compravendite di NTF e più in generale operazioni in valuta virtuale.

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