Danilo Galotti – 5 domande su “IL FUTURO DEL COMMERCIALISTA”

Dr. Galotti, dal suo sondaggio condotto su Facebook, presso i suoi colleghi commercialisti, quali esigenze e prospettive sono emerse, circa il futuro della sua professione? E quali sarebbero i nuovi mercati/clienti di riferimento?

Risposta: Il sondaggio ha posto in evidenza sia delle problematiche che degli spunti concreti su cui meditare. Innanzitutto, i commercialisti vogliono cambiare e di questa volontà ne stanno facendo coming out su più fronti. I vecchi sistemi lavoratovi incentrati su CED e adempimenti civili e fiscali connessi sono datati e fonti di una bassa redditività. Ogni commercialista ha cercato di spremere più possibile il proprio business ma solo chi è disposto ad investire in futuri cambiamenti potrà ottenere delle chance di incremento del proprio lavoro non solo in termini quantitativi ma anche e soprattutto in termini qualitativi.

Il sondaggio voleva essere un momento di riflessione, un invito rivolto ai colleghi per dire: “il mondo sta cambiando e noi dovremmo fare altrettanto, ma come?” La risposta a questa domanda è quello che si prefiggeva il sondaggio di fornire dal quale sono emersi, tuttavia, interessanti scenari per la nostra professione. La figura del commercialista tradizionale così come la conosciamo, tenderà a sparire, o meglio ad essere soppiantata da quelle categorie di professionisti che pur senza il titolo di commercialista, possono comunque esercitare per legge la professione, a volte anche applicando delle tariffe più basse rispetto a quelle della nostra categoria.

E’ proprio in vista di questo cambiamento, nonché dell’evoluzione di un mercato che domanda nuove competenze ai professionisti per uscire dall’attuale status di crisi economica, che abbiamo rinvenuto, o quanto meno abbiamo cercato di scovare, quelle nuove aree che possono rappresentare il nostro futuro. Le risposte del sondaggio che hanno riscosso maggiori consensi sono state quella del risanatore aziendale e quella del consulente strategico aziendale. Entrambi queste figure, a mio giudizio, possono offrire nuova linfa a coloro che intendono uscire da questo cerchio di attività che ci circonda e che sono a bassissima redditività oltre che altamente produttive di stress (altro enorme problema da dover gestire).

Penso che il core business di ogni singolo studio vada rivisto e rivisitato per assecondare la richiesta del mercato non solo interno, ma anche di quello internazionale; in particolare, mi riferisco al fatto che bisognerebbe guardare il mercato dei clienti in modo allargato, fornendo prestazioni soprattutto a potenziali investitori esteri.

Secondo lei, i professionisti che non migliorano le proprie prestazioni, né attraverso la formazione, né con l’adozione di collaborazioni adeguate, lo fanno per mancanza di fondi o, piuttosto, di lungimiranza?

Risposta: Ritengo che la risposta a questa domanda, nella maggior parte dei casi possa ricondursi ad un terzo fattore: il tempo. Purtroppo, la nostra attività viene svolta con una continua rincorsa al rispetto delle scadenze fiscali, diventate sempre più numerose. In questo clima di sovraffollamento lavorativo, il professionista ha sempre maggiori difficoltà a “consumare” il proprio tempo in attività non produttive, ragione per cui la formazione viene accantonata.

Per quanto concerne la possibilità di creare delle collaborazioni, probabilmente sono diversi i fattori che possono incidere sulla non fattibilità delle stesse; margini di guadagno ridotti, difficoltà ad identificare partner validi e clima del sospetto che il partner possa sottrarti i clienti secondo me sono elementi che tendono a creare dei blocchi nella mente di noi professionisti, motivo per cui si preferisce procedere da soli e questo senza dubbio alcuno consente un miglioramento marginale delle proprie prestazioni.

La multidisciplinarietà di uno studio di consulenza, come può essere realizzata, secondo lei?

Risposta: Uno studio oggi dovrebbe essere un polo di professionisti che possono assistere il cliente in modo completo. Immagino uno studio composto da commercialisti, consulenti del lavoro, avvocati e notai, dove per commercialista intendo oltre la classifica figura anche altre, come appunto quella del consulente strategico aziendale, quella che si occupa di contenzioso, quella che si occupa analisi di bilancio e budgeting, quella di revisore, quella che si occupa di fondi, intesa sia come fundraising che come selettore di fondi destinati dai diversi enti.

Diversi professionisti, con diverse competenze ma tutti altamente specializzati ognuno nel proprio settore, questo dovrebbe essere l’evoluzione dello studio moderno. Questa specializzazione comporta anche uno spostamento del baricentro economico dello studio, puntando su attività di consulenza ad alto valore aggiunto per le quali non ritengo che l’outsourcing possa rappresentare una valida opportunità. I servizi che dovrebbe offrire uno studio moderno sono frutto di una specializzazione ed esperienza altamente soggettiva per cui, l’esternalizzazione degli stessi non fornirebbe le giuste metodologie per affrontare e assistere il cliente nel modo più opportuno. Al contrario, per le attività ripetitive e a basso contenuto di valore aggiunto, vedo l’outsourcing come un’alternativa da valutare per evitare di sprecare energie e risorse investendole in altri servizi.

Le nuove tecnologie per la comunicazione fra clienti e collaboratori non sono ancora molto sfruttate. Ritiene che questo debba cambiare?

Risposta: assolutamente dobbiamo sfruttare la tecnologia per cambiare, per velocizzare e per offrire servizi più efficienti. Esistono tante forme nuove di comunicazione che consentono di restare e instaurare un contatto con i clienti, penso al voip che per es. fornisce la possibilità di chiamare o videochiamare gratuitamente; ultimamente, le grandi software house, stanno elaborando sistemi di traduzione istantanea, ed anche questo elemento tecnologico è da sfruttare al massimo, si pensi per esempio di poter effettuare una conference tra persone di nazionalità diversa dove ognuno parla la propria lingua mentre i traduttori in modo istantaneo effettuano la traduzione.

Da noi utilizziamo molto i cloud, in questo modo dedichiamo al cliente un’area virtuale alla quale può accedere via pc o smartphone ed avere costantemente e in ogni momento a propria disposizione dichiarativi, modelli di pagamento F24, oppure informative che lo riguardano. La tecnologia tuttavia ci espone anche a rischi, come ad esempio la possibilità di essere soggetti ad attacchi informatici quali ransomware o crypto virus che possono creare seri danni alle nostre attività ed è per questo che bisogna sì evolversi tecnologicamente, ma anche affidarsi a persone competenti che sappiano mettere in sicurezza queste innovazioni, garantendo allo stesso tempo la massima privacy e riservatezza.

La professione del commercialista: passione o business?

Risposta: Conosco ed ho rapporti con molti colleghi presenti su tutto il territorio italiano, eppure una cosa li accomuna pur nelle loro individualità: quello di svolgere questa professione per passione. Non è immaginabile essere un commercialista per fini meramente economici, sia perché è difficile raggiungere un certa tranquillità economica nel breve tempo e comunque non ci sono più quei margini di guadagno di una volta, e sia perché questa professione, soprattutto negli ultimi anni ha subito un incremento notevole di adempimenti e conseguenti responsabilità che ha votato il professionista ad un aggravio che può essere sopportato solo con l’amore e la passione che proviamo verso questo lavoro.

Oggi essere commercialista è duro e faticoso, bisogna essere sempre pronti, veloci nell’eseguire, a disposizione dei clienti, aggiornati con le normative; non c’è tempo per rilassarsi e l’orario di lavoro è diventato molto lungo con ripercussioni sulle vite private di tutti noi e delle nostre famiglie. Credo che solo la parola passione possa giustificare tutti i sacrifici che facciamo, perché non ci sono soldi che possano compensare quello che stiamo perdendo in termini di salute e di vita familiare.

Danilo Galotti

Sul SONDAGGIO citato, vedi articolo di riferimento.

Ndr: nel giorno in cui esce questa intervista, il Dr. Galotti si trova ad un convegno sull’Internazionalizzazione per i commercialisti. Ed ecco il suo stato appena pubblicato su Facebook, che dimostra quanto la sua visione sia sempre meno visione, incaminandosi verso un progetto.
Danilo Galotti

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