La figura del dirigente in azienda e la necessità della formazione per questo profilo professionale.

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Come ormai noto, il D.Lgs. 81/2008 pone particolare attenzione all’attività di informazione e formazione sui rischi e pericoli presenti in azienda, con l’obbiettivo di ridurre il futuro insorgere di malattie professionali e il numero di infortuni; tali obblighi vengono ripresi negli artt. 36 e 37 e, come prevedibile, hanno come principale soggetto da tutelare il lavoratore, cioè colui che è esposto principalmente ai rischi presenti sui luoghi di lavoro.
Alla formazione obbligatoria ex artt.36 e 37 non risultano escluse le figure del preposto ed del dirigente, ma solo la prima delle due figure è normata da una formazione specifica ed adeguata.

Il dirigente, invece, quale figura apicale in azienda, ha la responsabilità di garantire (ed organizzare) la salute e la sicurezza  –  come si vede dalle sanzioni elencate nell’art. 55 – ma quello che non viene considerato nell’applicazione di fatto della norma, è che la persona che ricopre il ruolo di dirigente viene effettivamente esclusa da una formazione adeguata e specifica sui rischi presenti in azienda e per i quali addirittura ricopre un ruolo di effettiva responsabilità.

Con l’entrata in vigore il 26 gennaio 2012 dell’Accordo Conferenza Stato Regioni n. 221 del 21/12/2011, tale lacuna è stata parzialmente colmata, andando a ridefinire i criteri, i contenuti, le modalità ed il monte ore della formazione e degli aggiornamenti periodici che riguardano i dirigenti. Va precisato, che l’applicazione dei contenuti dell’accordo nei confronti dei dirigenti (e dei preposti) è da considerarsi facoltativa, pur costituendo corretta applicazione degli obblighi contenuti nel citato art. 37, comma 7.; questo perché il provvedimento non aveva ricevuto – come riportato nella premessa dello stesso – il mandato a trattare la regolamentazione della formazione per le figure dei preposti e dei dirigenti.

Ma dal 2012 cosa è cambiato? Purtroppo poco. In molte realtà ci si interroga sulla reale necessità di formare un dirigente in materia di salute e sicurezza, lasciando spesso allo stesso l’obbligo di colmare le necessarie conoscenze in materia.
La nostra intenzione con il presente articolò, invece, è quella di porre l’attenzione sull’obbligo di formazione dei dirigenti e soprattutto, che per considerare ottemperati gli obblighi normativi citati, il datore di lavoro, deve addirittura accertarsi, così come per i lavoratori e i preposti, anche i dirigenti abbiano appreso tutte le nozioni in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro.

I punti che riguardano la formazione dei dirigenti comprende, come da normativa, quattro principali campi: giuridico normativo, di gestione ed organizzazione della sicurezza, di individuazione e valutazione dei rischi ed infine di comunicazione, formazione e consultazione dei lavoratori.

Tali punti vengono quasi dati per scontati nelle persone che ricoprono ruoli manageriali in azienda. Dalle sentenze pronunciate dalla Corte di Cassazione, a seguito di infortuni sul luogo lavoro, però, si ha una netta impressione che i punti appena elencati, fossero stati poco o per nulla conosciuti dai dirigenti condannati.
Nella realtà quotidiana, se prendessimo singolarmente i quattro argomenti di formazione di cui sopra, si riscontrerebbe, che molti dirigenti d’azienda spesso ignorano l’esistenza delle figure incaricate alla sicurezza (RLS, RSPP, MC…) o che non conoscono quale dei propri collaboratori ricopra in azienda un ruolo specifico per la tutela della sicurezza stessa, come ad esempio addetto al primo soccorso o alla lotta antincendio.

Questo perché spesso mancano loro le nozioni necessarie per unire la normativa e gli obblighi che ne derivano, con determinati fattori o classici eventi aziendali; ad esempio capita ancora di trovare alcuni dirigenti che nella pianificazione dei permessi ferie non tengano in considerazione l’obbligatoria presenza in azienda di almeno uno degli addetti alla lotta antincendio e addetti al primo soccorso!

A questo, purtroppo, spesso si aggiunge un “non sapere o essere in grado” di riconoscere i reali rischi che sono presenti anche in aziende a minor tasso di esposizione a infortuni. Tant’è, che per assurdo come rischi presenti in un ufficio vengono considerati le possibilità di caduta di lampadari o l’impatto con degli spigoli vivi piuttosto che un dirigente che sia, ad esempio, a conoscenza e che applichi realmente quanto riportato nelle linee guida sull’uso del Videoterminale, sulla disposizione corretta degli uffici, sugli arredamenti e rischi connessi o sui valori ideali dell’illuminazione naturale e/o artificiale negli ambienti chiusi.

Ed infine, ricadendo sul datore di lavoro l’obbligo – come da art. 28 – di dover considerare tutti i fattori che possano recare danno alla salute dei propri lavoratori, sia essa fisica o mentale, deve necessariamente essere considerata la comunicazione tra dirigente e collaboratori come punto fondamentale per una corretta gestione di un gruppo di lavoro e ridurre così, grazie alla sensibilizzazione in materia ed alle capacità acquisite, anche l’insorgere di rischi come lo stress da lavoro-correlato.

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